Selected Works
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19 imagesFifteen Still lifes of fish from the Venetian lagoon printed on cotton canvas, submerged in various points of the lagoon and left under water for a period of 4/5 months to macerate, filled with algae, mud, shellfish. Depending on the exposure to light, current, depth and the point of immersion when they are "fished out" they can also tell us about the state of the lagoon, the degree of pollution. After "(R)existing in Venice" and "Venice 2050 DC and came the acqua grandissima" in which I wanted to tell about the problems of the city such as over tourism and the 'rise of the tide, with "Flooded Souls", I begin to investigate the lagoon. A piece of the photo after staying under water was analyzed and photographed with a microscope thanks to a collaboration with Ca Foscari and the CNR (Department of Molecular Sciences and Nanosyscems) to know the state of pollucion of the lagoon and the result of this used as a caption of the print.
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24 imagesOn the night between 12 and 13 November 2019, the second highest water in history invaded Venice, causing extensive damage and sparking eternal controversy over what was not done and what should have been done. Precisely in those days the latest issue of the journal Nature was also released with a study on rising seas and the resulting consequences. It is three times more catastrophic as it predicts an average rise of 10 cm by 2050. For that date the tide will eat Venice. And not even Padua and Treviso will be saved. I imagined the city as it might be in thirty years: submerged; and the Venetians like amphibians who move through the streets swimming, floating or immersed under water, it became amniotic fluid. An idea that was born many years ago at the end of the 80s, when Federico Fellini often came to the city and met with my father who was supposed to think about and write the screenplay for a film about Venice. They were already talking about submerged buildings and amphibious inhabitants. So I had been looking for one for years way to make their visions. I took advantage of a large aquarium located in the hall of the Hotel Aquarius, which would be opened in Campo San Giacomo dell'Orio in a few months, inviting about thirty Venetians to immerse themselves and imagine how they would have behaved in such an extreme situation. . La notte tra 12 e il 13 novembre 2019 la seconda acqua più alta della storia ha invaso Venezia provocando ingenti danni e scatenato le eterne polemiche su quel che non è stato fatto e quello che si avrebbe dovuto fare. Proprio in quei giorni usciva anche l’ultimo numero della rivista Nature con uno studio sull’innalzamento dei mari e le conseguenze che ne deriveranno. E’ tre volte più catastrofico in quanto prevede per il 2050 un innalzamento medio di 10 cm. Per quella data la marea si mangerà Venezia. E non si salveranno neppure Padova e Treviso. Ho immaginato la città come potrebbe essere tra una trentina d’anni: sommersa; e i veneziani come anfibi che si muovono per le calli nuotando, galleggiando o immersi sotto acqua, diventata un liquido amniotico. Un’ idea che nasce molti anni fa’ sul finire degli anni ‘80, quando Federico Fellini veniva spesso in città e si incontrava con mio padre che avrebbe dovuto pensare e scrivere la sceneggiatura di un film su Venezia. Già parlavano di palazzi sommersi e abitanti anfibi. Erano anni quindi che cercavo un modo per rendere le loro visioni. Ho approfittato di un grande acquario che si trova nella hall dell’ Hotel Aquarius, che da lì a pochi mesi sarebbe stato aperto in campo San Giacomo dell’ Orio, invitando una trentina di veneziani ad immergersi e ad immaginarsi come si sarebbero comportati in una situazione così estrema.
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35 imagesR)esistere a Venezia. Una delle parole più di tendenza negli ultimi mesi è “overtourism” ( letteralmente sovraffollamento turistico), una vera calamità per alcune città sempre più sommerse in modo insostenibile da turisti. E secondo un rapporto dell' Healthy Travel and Healthy Destinations (HTHD) sarebbe proprio Venezia la capitale mondiale del sovraffollamento turistico, soffrendo di questa situazione a causa del rapporto impressionante di 73,8 turisti per abitante fra centro storico e terraferma, un rapporto reso ancora più significativo dal fatto che si tratta per lo più di visitatori cosiddetti "mordi e fuggi". Ho fotografato alcuni veneziani, che resistono e vivono la città, circondati dai turisti, che si muovono, creando un mare umano in tempesta avvolge le persone ritratte. Venezia diventa così una città ostile e claustrofobica a causa della folla di turisti che tolgono lo spazio vitale, che trascinano come un un fiume in piena le anime dei suoi abitanti. Resist in Venice - Every year about 1000 Venetians run away from the city. One of the most trendy words in recent months is "overtourism" - literally overcrowding of tourists - and indicates a real disaster for tourist cities increasingly invaded in an unsustainable way by tourists. According to a report by Healthy Travel and Healthy Destinations (HTHD), Venice is the world capital of overcrowding in tourism, suffering from this situation because of the impressive ratio of 73.8 tourists per inhabitant between the historic center and the mainland, a ratio made even more significant by the fact that these are mostly so-called "hit-and-run" visitors. I have photographed some Venetians, who resist and live the city, outside, surrounded by tourists, who move, create a wall that surrounds the people portrayed. A hostile and claustrophobic city because of the crowd of tourists.
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32 imagesNel giugno 2023, invitato dalla Biennale di fotografia Urbi et Orbi per una residenza, ho cominciato un progetto lungo il fiume in cui ho ritratto chi vive, frequenta, lavora con l'ambiente fluviale. E' solo il primo step di un progetto che mi porterà a raccontare anche altri fiumi d' Europa. I ritratti realizzati per il festival di fotografia poi sono stati esposti lungo il fiume lasciati per metà sotto acqua, lasciando interagire la corrente e i detriti proprio sulla stampa.
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18 images‘Murge’, dal latino 'murex' - 'sasso acuto, roccia’ è il nome usato per distinguere un territorio con una particolare fisionomia fisica. L’area più nota con tale nome è quella delle Murge Pugliesi, caratterizzata dalla stratificazione millenaria di calcari e arenarie che dalla roccia sottostante affiorano al suolo. I muretti a secco, le strade interponderali, i tratturi, i pozzi, le cisterne e le neviere, “macinati” da pseudo agricoltori per far posto a pochi metri quadrati di terreno “nudo” da inserire nella domanda di compensazione al reddito. Forte è stato l'impatto ambientale causato da anni di spietramento; oltre ai gravi danni alla biodiversità derivanti dalla distruzione dell’ecosistema pseudosteppa, sono visibili le massicce trasformazioni a carico del paesaggio murgiano, che ha perso la sua secolare identità per trasformarsi, in molte zone, in una monotona distesa di ciottoli frantumati. “Mangiare è un gesto agricolo” ha scritto Wendell Berry. Una affermazione che qui nelle Murge assume il tono di un grido di aiuto, e non a caso in grandi lettere accoglie gli ospiti all’ingresso del ristorante Antichi Sapori di Pietro Zito, a Montegrosso d’Andria. E sono i gesti agricoli, quelli antichi e quelli dissennati, dei quali si racconta nelle foto proposte per la mostra “Resilienza”: una storia di cibo, sul cibo, attraverso il cibo, in cui il cibo c’è ma non si vede.
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14 imagesThis reportage starts its journey in Venice, where the first Ghetto in the world was founded in 1516, and that will celebrate its half millennium in 2016. Men and women, of different ages and with different experiences, accepted to be portrayed together with their objects, thanks to them you will be taken through us to discover wonderful personages. You will discover through us the Jewish traditions, that in a second moment became Venetian traditions, and anectodes of a very important community in the history of Serenissima.
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9 imagesVenetian aquarium is a project that documents the main species of fish that are found in the Venetian lagoon
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22 imagesVenezia città agricola Fuori dal luogo comune che vuole Venezia città dal turismo massificato e concentrato pesantemente solo sul Centro Storico, viene presentata una città diversa, di uomini, attenti al naturale rispetto e non dello sfruttamento della laguna che hanno ricominciato a vivere nelle isole coltivando i campi e rimpiantando i vecchi vigneti. E’ la storia di Gastone e Dariella Vio e dei ragazzi che hanno abbandonato un lavoro tranquillo per lavorare in una loro azienda agricola, di Guia di Camerino, Flavio Franceschet e Michel Toulouze. -———— Transparency Stories about amphibious men in the Lagoon of Venice. Visions and water transparency told by local " testimonials ", Venetians who fish and cultivate vegetable gardens and vineyards stubbornly subtracted to brackish waters. A town different from the clichè that shows only mass tourism concentrated in the centre. Here we show you another point of view, that of people who are respectful of the environment, who do not exploit its lagoon.
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40 imagesMoecanti: si chiamano così i pescatori di moeche, un tipico granchio della laguna di Venezia, senza guscio e quindi molto morbido: uno dei prodotti più prelibati e ricercati dai gastrofanatici. Nonostante la “moeca” possa facilmente raggiungere al mercato di Rialto il prezzo di 60/70 al kg la sua pesca sta oramai scomparendo. Sono rimasti i pochi oramai a praticarla in laguna. E’ un tipo di pesca stagionale che si concentra nel periodo “marzo-maggio” e “ottobre-novembre” variando a seconda delle condizioni climatiche. La produzione delle moleche inizia con la pesca dei granchi nei bassi fondali lagunari, con il sistema di reti fisse dette trezze. Dopo una prima cernita per raccogliere i granzi boni, gli spiantani, le mazanette e rigettare in acqua i granzi matti, si passa a una fase di acquicoltura in cui granzi boni e gli spiantani vengono posti e mantenuti separati, senza nutrirli, nelle acque lagunari tramite appositi vivai detti contenitori semigalleggianti detti Vieri e costruiti con assi di legno separate da fessure e dotati di coperchio e tenuti a pelo d’acqua. Ogni giorno i vieri devo essere controllati e le moeche pronte tolte e portate subito al mercato. Moleche is the name for young soft-shelled crabs typical from Venice's lagoon and “Moecanti” is as the moleche fishermen of the Venetian lagoon are called . The moeche are delicious but expansive because these shellfish are only available for a few weeks in spring and autumn The skill of the molecanti is to net the young crabs and sort them into three groups: spiantani (which will moult in a few days); boni (which will be ready within a few weeks); and matti (which won't moult at all). the spiantani and the boni are kept in the “vieri” (a special wooden pens) under water. When the moulting begins, they are taken from the water, sorted, cleaned and whisked off to market in great baskets
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97 imagesSARAJEVO - Gerusalemme d' Europa. Testi di Serena Guidobaldi Una città che nel suo centro ha quattro luoghi di preghiera. E' raro. Un luogo musulmano, due cristiani, uno ebraico. A un centinaio di metri uno dall'altro. Non esiste in nessuna altra parte del mondo". La citazione è dello scrittore ed accademico Predrag Matvejević, che con quelle parole in un' intervista ha descritto Sarajevo, soprannominata Gerusalemme d'Europa proprio per questa sua caratteristica che l'aveva resa simbolo della convivenza multietnica......dall'alto in effetti tutto sembra diverso: guardando in giù i tappeti della preghiera del venerdì sembrano aiuole fiorite nella Baščaršija, La Pivara, la birreria di Sarajevo con lo stesso colore della Chiesa di Sant' Antonio strappa un sorriso, La Papagajka che si affaccia sulla lamiera rovente della Sinagoga perde il volto di triste voliera per umani, le colline di fronte non sono più una minaccia per la Chiesa di San Giuseppe. SARAJEVO, EUROPEAN JERUSALEM "The city with the four houses of worship in its center. This is rare. One Muslim, two Christian, one Jewish. A hundred meters from each other. It does not exist in any other part of the world. " This is a quote from the writer and academician Predrag Matvejević, who used these words to describe Sarajevo during an interview. Sarajevo is called European Jerusalem specifically because of its features that made it a symbol of multi-ethnic coexistence [...] and looking from above makes everything seem to be different: looking down, the Friday prayer mats look like beds of blooming flowers on Baščaršija. The Brewery building, which is the same color as the church of St. Anthony, puts a smile on your face. Papagajka buliding which leans on a red-hot plate of the Synagogue loses its sad face of a big human cage, the surrounding hills are no longer a threat to the church of St. Joseph [...] text by Serena Guidobaldi
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33 imagesARKANSANS BEGINS 300 MT (Testi di Serena Guidobaldi) [...] Le strade nel 1993 avevano tutte uno strano nome. A deciderlo era la sicurezza della geografia militare. I convogli battevano piste di sabbia o giravano intorno a fosse scavate in quello che un tempo era asfalto, andavano lenti, superati dai fuoristrada spinti a tavoletta sui tornanti del Vran, o dellʼIgman o della Krušćica. [...] Per andare a Tuzla si partiva sulla Circle, fino a Tomislavgrad dove incominciava la Triangle, una specie di pista da sci larga e verticale sulle pendici del Vran, affacciata sulle isole del lago di Rama e su Prozor, la città-finestra. Poi la Diamond, che saliva fra i boschi costeggiando un ruscello, dalle parti della miniera di Radovan; quindi un tratto della Škoda, i tornanti fangosi della Criton che confluiva sulla Acorn poco prima di Ribnica, nella foresta; di lì la Mario e poi la Hawk a fianco della grande centrale termoelettrica, fino a Tuzla. Per Zavidovići stessa strada fino alla Škoda, poi Monk, Ruby, Lada e un tratto di Duck. [...] Luca Rastello, La Guerra in Casa Spesso in Bosnia Erzegovina, percorrendo le grandi vie di comunicazione come le stradine nelle campagne, si incontrano sotto i cartelli ufficiali della segnaletica stradale dei piccoli cartelli gialli con dei nomi che ai più non significano niente: Seagull, Dolphin, Cardinal, Poker, Leslie, Parrot, Bypass. Nomi neri su fondo giallo, insieme a frecce di direzione, o in bianco su fondo nero (più rari), a volte con altre indicazioni tipo “ends in XXX mt” o “begins in XXX mt”. Sono le indicazioni dei percorsi alternativi tracciati dall’Unprofor per permettere, durante lʼultimo conflitto, agli aiuti umanitari e ai soccorsi di raggiungere le diverse zone di guerra senza passare dalle strade ufficiali. Non erano strade segrete, esisteva anche una mappa, né i loro nomi erano nomi in codice, ma spesso solo lʼespressione dei retaggi culturali dei diversi gruppi militari dʼistanza nelle varie aree. Alcuni di questi possono essere scovati ancora oggi dipinti sulle rocce, come il diamante della Diamond. O come la Gull, poco dopo Banja Luka, e lʼabbreviazione Sqr, la Square, su un muro semicrollato poco prima di passare per Gornij Vakuf. La Bosnia Erzegovina è uno dei pochi paesi, se non lʼunico, nel quale a dispetto dei tanti anni passati, tale tipo di segnaletica è ancora frequente e ben visibile, benché solo in pochi oggi ne conoscano lʼorigine. Molte delle strade sono diventate vie di scorrimento completamente risistemate. Altre sono rimaste improbabili sentieri che attraversano boschi e aree fuori ogni rotta di normale passaggio. Ma ai cartelli non ci si fa caso e, in effetti, potrebbero voler indicare qualsiasi cosa: magari ci sono i serpenti, seguendo la Viper e la Python, o si arriva in America prendendo la Phoenix o lʼArkansas e si può cantare felici, come Dorothy nel Mago di Oz, lungo la Bluebird. E forse è un bene che ora nessuno sappia che cosa siano. Significa che non servono più.
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20 imagesConfesso che ho giocato, di Paolo della Corte “En mi casa he reunido juguetes pequeños y grandes, sin los cuales no podría vivir. El niño que no juega no es un niño, pero el hombre que no juega perdió para siempre al niño que vivió en él y que le hará mucha falta. He edificado mi casa también como un juguete y juego con ella de la mañana a la noche...” (“Confieso que he vivido”, P. Neruda) Non posso non citare Neruda in questo passaggio fondamentale dal suo bellissimo libro di memorie “Confesso che ho vissuto”, perché da sempre mi ci riconosco, e riconosco mio padre prima di me, dal quale ho imparato quant’è bello e importante non perdere il senso e il piacere del gioco, sempre e nonostante tutto. È così che negli anni, dopo di lui ho continuato anche io a riunire piccoli e grandi giochi senza i quali non potrei vivere. E ho cercato sempre di fare in modo che la mia vita, la mia professione si esprimessero in modo giocoso. Ma l’ho fatto in modo spontaneo, naturale, senza mai veramente soffermarmi a riflettere in tal senso sul contrasto fra l’età adulta, la vita reale e il mio spirito interiore, il mio personale sentire. Per me era normale agire in certi modi e vedere le cose, anche quelle sulle quali è impensabile giocare, con un occhio non grave. Il che non significa non rendersi conto del mondo intorno e della vita che passa e che a volte i giocattoli te li rompe, col suo fare bullo, come un bambino cattivo della classe che ti ruba la merenda a ricreazione.