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24 imagesOn the night between 12 and 13 November 2019, the second highest water in history invaded Venice, causing extensive damage and sparking eternal controversy over what was not done and what should have been done. Precisely in those days the latest issue of the journal Nature was also released with a study on rising seas and the resulting consequences. It is three times more catastrophic as it predicts an average rise of 10 cm by 2050. For that date the tide will eat Venice. And not even Padua and Treviso will be saved. I imagined the city as it might be in thirty years: submerged; and the Venetians like amphibians who move through the streets swimming, floating or immersed under water, it became amniotic fluid. An idea that was born many years ago at the end of the 80s, when Federico Fellini often came to the city and met with my father who was supposed to think about and write the screenplay for a film about Venice. They were already talking about submerged buildings and amphibious inhabitants. So I had been looking for one for years way to make their visions. I took advantage of a large aquarium located in the hall of the Hotel Aquarius, which would be opened in Campo San Giacomo dell'Orio in a few months, inviting about thirty Venetians to immerse themselves and imagine how they would have behaved in such an extreme situation. . La notte tra 12 e il 13 novembre 2019 la seconda acqua più alta della storia ha invaso Venezia provocando ingenti danni e scatenato le eterne polemiche su quel che non è stato fatto e quello che si avrebbe dovuto fare. Proprio in quei giorni usciva anche l’ultimo numero della rivista Nature con uno studio sull’innalzamento dei mari e le conseguenze che ne deriveranno. E’ tre volte più catastrofico in quanto prevede per il 2050 un innalzamento medio di 10 cm. Per quella data la marea si mangerà Venezia. E non si salveranno neppure Padova e Treviso. Ho immaginato la città come potrebbe essere tra una trentina d’anni: sommersa; e i veneziani come anfibi che si muovono per le calli nuotando, galleggiando o immersi sotto acqua, diventata un liquido amniotico. Un’ idea che nasce molti anni fa’ sul finire degli anni ‘80, quando Federico Fellini veniva spesso in città e si incontrava con mio padre che avrebbe dovuto pensare e scrivere la sceneggiatura di un film su Venezia. Già parlavano di palazzi sommersi e abitanti anfibi. Erano anni quindi che cercavo un modo per rendere le loro visioni. Ho approfittato di un grande acquario che si trova nella hall dell’ Hotel Aquarius, che da lì a pochi mesi sarebbe stato aperto in campo San Giacomo dell’ Orio, invitando una trentina di veneziani ad immergersi e ad immaginarsi come si sarebbero comportati in una situazione così estrema.
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25 imagesFifteen Still lifes of fish from the Venetian lagoon printed on cotton canvas, submerged in various points of the lagoon and left under water for a period of 4/5 months to macerate, filled with algae, mud, shellfish. Depending on the exposure to light, current, depth and the point of immersion when they are "fished out" they can also tell us about the state of the lagoon, the degree of pollution. After "(R)existing in Venice" and "Venice 2050 DC and came the acqua grandissima" in which I wanted to tell about the problems of the city such as over tourism and the 'rise of the tide, with "Flooded Souls", I begin to investigate the lagoon. A piece of the photo after staying under water was analyzed and photographed with a microscope thanks to a collaboration with Ca Foscari and the CNR (Department of Molecular Sciences and Nanosyscems) to know the state of pollucion of the lagoon and the result of this used as a caption of the print.
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35 imagesR)esistere a Venezia. Una delle parole più di tendenza negli ultimi mesi è “overtourism” ( letteralmente sovraffollamento turistico), una vera calamità per alcune città sempre più sommerse in modo insostenibile da turisti. E secondo un rapporto dell' Healthy Travel and Healthy Destinations (HTHD) sarebbe proprio Venezia la capitale mondiale del sovraffollamento turistico, soffrendo di questa situazione a causa del rapporto impressionante di 73,8 turisti per abitante fra centro storico e terraferma, un rapporto reso ancora più significativo dal fatto che si tratta per lo più di visitatori cosiddetti "mordi e fuggi". Ho fotografato alcuni veneziani, che resistono e vivono la città, circondati dai turisti, che si muovono, creando un mare umano in tempesta avvolge le persone ritratte. Venezia diventa così una città ostile e claustrofobica a causa della folla di turisti che tolgono lo spazio vitale, che trascinano come un un fiume in piena le anime dei suoi abitanti. Resist in Venice - Every year about 1000 Venetians run away from the city. One of the most trendy words in recent months is "overtourism" - literally overcrowding of tourists - and indicates a real disaster for tourist cities increasingly invaded in an unsustainable way by tourists. According to a report by Healthy Travel and Healthy Destinations (HTHD), Venice is the world capital of overcrowding in tourism, suffering from this situation because of the impressive ratio of 73.8 tourists per inhabitant between the historic center and the mainland, a ratio made even more significant by the fact that these are mostly so-called "hit-and-run" visitors. I have photographed some Venetians, who resist and live the city, outside, surrounded by tourists, who move, create a wall that surrounds the people portrayed. A hostile and claustrophobic city because of the crowd of tourists.
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14 imagesThis reportage starts its journey in Venice, where the first Ghetto in the world was founded in 1516, and that will celebrate its half millennium in 2016. Men and women, of different ages and with different experiences, accepted to be portrayed together with their objects, thanks to them you will be taken through us to discover wonderful personages. You will discover through us the Jewish traditions, that in a second moment became Venetian traditions, and anectodes of a very important community in the history of Serenissima.
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22 imagesVenezia città agricola Fuori dal luogo comune che vuole Venezia città dal turismo massificato e concentrato pesantemente solo sul Centro Storico, viene presentata una città diversa, di uomini, attenti al naturale rispetto e non dello sfruttamento della laguna che hanno ricominciato a vivere nelle isole coltivando i campi e rimpiantando i vecchi vigneti. E’ la storia di Gastone e Dariella Vio e dei ragazzi che hanno abbandonato un lavoro tranquillo per lavorare in una loro azienda agricola, di Guia di Camerino, Flavio Franceschet e Michel Toulouze. -———— Transparency Stories about amphibious men in the Lagoon of Venice. Visions and water transparency told by local " testimonials ", Venetians who fish and cultivate vegetable gardens and vineyards stubbornly subtracted to brackish waters. A town different from the clichè that shows only mass tourism concentrated in the centre. Here we show you another point of view, that of people who are respectful of the environment, who do not exploit its lagoon.
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60 imagesDa sempre la pastorizia è l'attività principale nei comuni dell' Alpago, una conca che si trova a metà strada tra Cortina e Venezia, in provincia di Belluno. La pecora alpagota, ora presidio Slow Food, dopo il rischio estinzione, è oggi in ripresa e ci sono circa 2000 capi. Nel servizio Sebastiano Fullin è un giovane pastore di Puos d'Alpago che all' attività invernale di maestro di sci affianca quella di pastore. Le sue pecore pascolano in un recinto di 13 ettare nell' Altopiano del Cansiglio.
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105 imagesEleonora “Noris” Cunaccia è riuscita a trasformare in un lavoro il saper riconoscere le erbe e i fiori che lei stessa raccoglie nei prati e nelle rocce della Val Rendena, in Trentino Alto Adige dove abita e utilizzarle in cucina. Sette giorni su sette, dall'alba al tramonto, Noris perlustra le montagne che ha attorno raccogliendo erbe e fiori, frutti e radici per poi nel laboratorio di “Privitivizia” la sua azienda dove realizza con il suo raccolto le conserve utilizzate dai grandi chef internazionali che sempre più spesso chiedono di collaborare con lei. Noris Cunaccia the fairy of the mountains. Eleonora "Noris" Cunaccia has succeeded in transforming herbs and flowers she herself collects in the meadows and rocks of Val Rendena, in Trentino Alto Adige, where she lives and uses them in the kitchen. Seven days a week, from dawn to sunset, Noris searches the mountains around herbs and flowers, fruits and roots and then in the laboratory of "Privitivizia" his company where he produces with his harvest the preserves used by the great international chefs who increasingly ask to collaborate with her.
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32 imagesNel giugno 2023, invitato dalla Biennale di fotografia Urbi et Orbi per una residenza, ho cominciato un progetto lungo il fiume in cui ho ritratto chi vive, frequenta, lavora con l'ambiente fluviale. E' solo il primo step di un progetto che mi porterà a raccontare anche altri fiumi d' Europa. I ritratti realizzati per il festival di fotografia poi sono stati esposti lungo il fiume lasciati per metà sotto acqua, lasciando interagire la corrente e i detriti proprio sulla stampa.
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44 imagesThe cuisine as an agent of social change: the commodores poplars in Lima. The community kitchens, known as “comedores populares”, are a popular women’s organization started in the 1970s and persisted through the '80s and '90s in Peru. They are defined “an experience without parallel in Latin America and probably the world”. These collective experiences were created by poor women to feed their families, as a system of popular subsidies that channels resources from the poor to poorest, not related to any religious or governmental charity. During the last 40 years, the kitchens have become also a vehicle to develope women’s gender consciousness: active women see themselves differently because they have challenged the traditional gender roles, gaining skills in dealing wiht the family and the institutions, becoming leader in protests and movements, bringing a change not only for themselves. Nowadays, there are more than 10.000 comedores in Peru, half of them in Lima. Eating at the comedores is cheaper than cooking at home, and meals are free for the sick, elderly, and those in extreme poverty. La cucina come arma sociale: le Comedores Populares a Lima. Lima: La cucina come arma sociale. Le “comedores popolares”, letteralmente “cucine popolari”, sono un'organizzazione femminile fondata negli anni 70 in Perù da donne povere per sfamare le loro famiglie, attraverso un sistema di aiuti tra di loro, e non collegati ad alcuna associazione caritatevole religiosa o governativa Poichè un'unica famiglia non possedeva il denaro per comprare il necessario per la sopravvivenza, hanno cominciato ad organizzarsi in gruppi in cui ciascun nucleo portava un prodotto, chi le patate, chi le carote e cucinando in un'unica grande cucina. Oggi ci sono più di 10.000 comedores in Perù, la metà delle quali a Lima. Nel corso degli ultimi 40 anni questa organizzazione è stata molto importante nel contesto sociale di pesante discriminazione femminile: la collaborazione al sostegno alimentare della famiglia diviene uno strumento efficace di promozione della donna, cominciando a trattare con le istituzioni e diventando leader in proteste e movimenti.
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39 imagesGeel - Belgio Siamo a Geel nelle Fiandre a poca distanza da Anversa dove cultura popolare e la tradizione hanno fatto si che questo paese sia considerato la più grande comunità psichiatrica terapeutica aperta al mondo. Cultura e tradizione perché tutto nasce gia nel 600 quando Dimfna una ragazza irlandese che vuole fuggire dai desideri incestuosi del padre si rifugia in questo paese, il padre la trova ed in preda alla follia la decapita. Da allora cominciarono i pellegrinaggi di gente che portava i propri folli sulla tomba di Dimfna oramai diventata santa, perché lei li curasse. Nei secoli questa pratica prese si rinforzò sempre di più, inoltre i malati restavamo sempre più spesso a Geel ospiti di famiglie e così ancora oggi la storia continua nel tempo. Il modello Geel è finito ovviamente all’attenzione della psichiatria, un sogno dove il malato non è rinchiuso in un istituzione ma vive libero in una cittadina mantenendo rapporti sociali con la comunità e anche però può venire curato da un centro ospedaliero in caso di crisi.I malati che aderiscono a questo programma sono tutti in una fase stabile della malattia e le famiglie che si offrono sentono questo come una parte del loro modo di vivere, un fatto naturale
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97 imagesSARAJEVO - Gerusalemme d' Europa. Testi di Serena Guidobaldi Una città che nel suo centro ha quattro luoghi di preghiera. E' raro. Un luogo musulmano, due cristiani, uno ebraico. A un centinaio di metri uno dall'altro. Non esiste in nessuna altra parte del mondo". La citazione è dello scrittore ed accademico Predrag Matvejević, che con quelle parole in un' intervista ha descritto Sarajevo, soprannominata Gerusalemme d'Europa proprio per questa sua caratteristica che l'aveva resa simbolo della convivenza multietnica......dall'alto in effetti tutto sembra diverso: guardando in giù i tappeti della preghiera del venerdì sembrano aiuole fiorite nella Baščaršija, La Pivara, la birreria di Sarajevo con lo stesso colore della Chiesa di Sant' Antonio strappa un sorriso, La Papagajka che si affaccia sulla lamiera rovente della Sinagoga perde il volto di triste voliera per umani, le colline di fronte non sono più una minaccia per la Chiesa di San Giuseppe. SARAJEVO, EUROPEAN JERUSALEM "The city with the four houses of worship in its center. This is rare. One Muslim, two Christian, one Jewish. A hundred meters from each other. It does not exist in any other part of the world. " This is a quote from the writer and academician Predrag Matvejević, who used these words to describe Sarajevo during an interview. Sarajevo is called European Jerusalem specifically because of its features that made it a symbol of multi-ethnic coexistence [...] and looking from above makes everything seem to be different: looking down, the Friday prayer mats look like beds of blooming flowers on Baščaršija. The Brewery building, which is the same color as the church of St. Anthony, puts a smile on your face. Papagajka buliding which leans on a red-hot plate of the Synagogue loses its sad face of a big human cage, the surrounding hills are no longer a threat to the church of St. Joseph [...] text by Serena Guidobaldi
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38 imagesLa maggior parte della popolazione indigena Ainu vive nell' Isola di Hokkaido e secondo gli antropologi è origine caucasica. Probabilmente arrivò dalla Siberia ed ora se ne stimano circa 70.000. Il loro destino è spesso paragonato a quello degli indiani d'America.Dopo numerosi tentativi di cancellarne la cultura ora- soprattutto dal 1997- c'è una rivalutazione delle loro tradizioni e grazie ad appositi fondi sono nate numerosi centri di ricerca ed associazioni culturali dove si insegna una lingua che sta scomparendo. Nella servizio vediamo un ainu purosangue che raccoglie il cibo nel bosco, prega per il buon raccolto e porta il raccolta all propria donna che lo cucina assieme ad una testa di salmone. Ci troviamo poco fuori Sapporo in un villaggio studi con capanne, musei di strumenti ed abiti tipici.
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33 imagesSi chiama Shai Zeltzer il maestro casaro israeliano che con i suoi formaggio 'fuori dagli schemi' ha creato un vero e proprio metodo di allevamento, di interpretazione del territorio. Nel 1973 lavorava come ricercatore alla facoltà di Botanica quando lo chiamarono alle armi (era riservista) per la guerra del Kippur. L’esperienza lo ha evidentemente segnato tanto che, finita la guerra, non volle più tornare alla vita di prima. “Decisi che non avrei più fatto parte del sistema. Volevo cercare il modo di essere al 100% dipendente solo da me e dalla natura”. Così con la moglie trova e sistema quello che oggi è il suo podere dove alleva 160 capre di razza anglo-nubiana, da cui ottiene 6 tipi di formaggio incredibilmente buono
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62 imagesPuglia - Ginosa. Angelo Inglese con la sua piccola sartoria artigianale in poco tempo è riuscito a conquistare una clientela di nicchia, internazionale. Tra i suoi clienti grandi nomi della politica e del jet set dal Principe William a Francis Ford Coppola, senza dimenticare che Agnelli vestiva con le sue camicie.Ha eciso di vivere a Ginosa un piccolo paese della Puglia, lontano dalle capitali della moda, sognando di realizzare nel borgo un grande laboratorio di camiceria artigianale. Sogno infranto nel 2013 con l'alluvione e la conseguente frana che ha colpito il paese. Angelo stava terminando i restauri nel palazzo storico che aveva acquistato per ospitare la sartoria. Ora è tutto bloccato.
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10 imagesVenetian aquarium is a project that documents the main species of fish that are found in the Venetian lagoon
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80 imagesThe cuisine as an agent of social change. Lima - The gastronomic boulevard. The Boulevard of Gastronomy, in the Surquillo district, was established by the goverment due the high impact that the Peruvian food has had around the world. This turned those places into a popular traditional farmers’ market very popular by the tourist that are interested in tasting the fresh and iconic ingredients in Peruvian cooking. The Boulevard it’s located into a pedestrian district et it changed the economy of this poor district. La cucina come "arma sociale". Lima - Il Boulevard del Surquillo, che costeggia il Mercado 1 di Miraflores, ha visto il taglio del nastro nel 2012 quello di Villa Maria del Triunfo, distretto di quasi 400.000 abitanti a sud di Lima. Collocato fra le avenidas Salvador Allende e Pachacútec, nella Zona Cercado dov’è il Mercado del Pescado del Sur, il Boulevard, aperto grazie all’aiuto della Municipalità, con i suoi 35 punti vendita – ha contribuito all’economia della distretto e alla diminuzione delle tensioni sociali.
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20 imagesConfesso che ho giocato, di Paolo della Corte “En mi casa he reunido juguetes pequeños y grandes, sin los cuales no podría vivir. El niño que no juega no es un niño, pero el hombre que no juega perdió para siempre al niño que vivió en él y que le hará mucha falta. He edificado mi casa también como un juguete y juego con ella de la mañana a la noche...” (“Confieso que he vivido”, P. Neruda) Non posso non citare Neruda in questo passaggio fondamentale dal suo bellissimo libro di memorie “Confesso che ho vissuto”, perché da sempre mi ci riconosco, e riconosco mio padre prima di me, dal quale ho imparato quant’è bello e importante non perdere il senso e il piacere del gioco, sempre e nonostante tutto. È così che negli anni, dopo di lui ho continuato anche io a riunire piccoli e grandi giochi senza i quali non potrei vivere. E ho cercato sempre di fare in modo che la mia vita, la mia professione si esprimessero in modo giocoso. Ma l’ho fatto in modo spontaneo, naturale, senza mai veramente soffermarmi a riflettere in tal senso sul contrasto fra l’età adulta, la vita reale e il mio spirito interiore, il mio personale sentire. Per me era normale agire in certi modi e vedere le cose, anche quelle sulle quali è impensabile giocare, con un occhio non grave. Il che non significa non rendersi conto del mondo intorno e della vita che passa e che a volte i giocattoli te li rompe, col suo fare bullo, come un bambino cattivo della classe che ti ruba la merenda a ricreazione.
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33 imagesARKANSANS BEGINS 300 MT (Testi di Serena Guidobaldi) [...] Le strade nel 1993 avevano tutte uno strano nome. A deciderlo era la sicurezza della geografia militare. I convogli battevano piste di sabbia o giravano intorno a fosse scavate in quello che un tempo era asfalto, andavano lenti, superati dai fuoristrada spinti a tavoletta sui tornanti del Vran, o dellʼIgman o della Krušćica. [...] Per andare a Tuzla si partiva sulla Circle, fino a Tomislavgrad dove incominciava la Triangle, una specie di pista da sci larga e verticale sulle pendici del Vran, affacciata sulle isole del lago di Rama e su Prozor, la città-finestra. Poi la Diamond, che saliva fra i boschi costeggiando un ruscello, dalle parti della miniera di Radovan; quindi un tratto della Škoda, i tornanti fangosi della Criton che confluiva sulla Acorn poco prima di Ribnica, nella foresta; di lì la Mario e poi la Hawk a fianco della grande centrale termoelettrica, fino a Tuzla. Per Zavidovići stessa strada fino alla Škoda, poi Monk, Ruby, Lada e un tratto di Duck. [...] Luca Rastello, La Guerra in Casa Spesso in Bosnia Erzegovina, percorrendo le grandi vie di comunicazione come le stradine nelle campagne, si incontrano sotto i cartelli ufficiali della segnaletica stradale dei piccoli cartelli gialli con dei nomi che ai più non significano niente: Seagull, Dolphin, Cardinal, Poker, Leslie, Parrot, Bypass. Nomi neri su fondo giallo, insieme a frecce di direzione, o in bianco su fondo nero (più rari), a volte con altre indicazioni tipo “ends in XXX mt” o “begins in XXX mt”. Sono le indicazioni dei percorsi alternativi tracciati dall’Unprofor per permettere, durante lʼultimo conflitto, agli aiuti umanitari e ai soccorsi di raggiungere le diverse zone di guerra senza passare dalle strade ufficiali. Non erano strade segrete, esisteva anche una mappa, né i loro nomi erano nomi in codice, ma spesso solo lʼespressione dei retaggi culturali dei diversi gruppi militari dʼistanza nelle varie aree. Alcuni di questi possono essere scovati ancora oggi dipinti sulle rocce, come il diamante della Diamond. O come la Gull, poco dopo Banja Luka, e lʼabbreviazione Sqr, la Square, su un muro semicrollato poco prima di passare per Gornij Vakuf. La Bosnia Erzegovina è uno dei pochi paesi, se non lʼunico, nel quale a dispetto dei tanti anni passati, tale tipo di segnaletica è ancora frequente e ben visibile, benché solo in pochi oggi ne conoscano lʼorigine. Molte delle strade sono diventate vie di scorrimento completamente risistemate. Altre sono rimaste improbabili sentieri che attraversano boschi e aree fuori ogni rotta di normale passaggio. Ma ai cartelli non ci si fa caso e, in effetti, potrebbero voler indicare qualsiasi cosa: magari ci sono i serpenti, seguendo la Viper e la Python, o si arriva in America prendendo la Phoenix o lʼArkansas e si può cantare felici, come Dorothy nel Mago di Oz, lungo la Bluebird. E forse è un bene che ora nessuno sappia che cosa siano. Significa che non servono più.
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18 images‘Murge’, dal latino 'murex' - 'sasso acuto, roccia’ è il nome usato per distinguere un territorio con una particolare fisionomia fisica. L’area più nota con tale nome è quella delle Murge Pugliesi, caratterizzata dalla stratificazione millenaria di calcari e arenarie che dalla roccia sottostante affiorano al suolo. I muretti a secco, le strade interponderali, i tratturi, i pozzi, le cisterne e le neviere, “macinati” da pseudo agricoltori per far posto a pochi metri quadrati di terreno “nudo” da inserire nella domanda di compensazione al reddito. Forte è stato l'impatto ambientale causato da anni di spietramento; oltre ai gravi danni alla biodiversità derivanti dalla distruzione dell’ecosistema pseudosteppa, sono visibili le massicce trasformazioni a carico del paesaggio murgiano, che ha perso la sua secolare identità per trasformarsi, in molte zone, in una monotona distesa di ciottoli frantumati. “Mangiare è un gesto agricolo” ha scritto Wendell Berry. Una affermazione che qui nelle Murge assume il tono di un grido di aiuto, e non a caso in grandi lettere accoglie gli ospiti all’ingresso del ristorante Antichi Sapori di Pietro Zito, a Montegrosso d’Andria. E sono i gesti agricoli, quelli antichi e quelli dissennati, dei quali si racconta nelle foto proposte per la mostra “Resilienza”: una storia di cibo, sul cibo, attraverso il cibo, in cui il cibo c’è ma non si vede.
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17 imagesSingapore Chinatown Il canto degli uccelli. Ogni domenica mattina i cinesi si recano o al caffe o in alcuni parchi con la propria gabbia, solitamente moltoi e bella e decorata, a sentire il proprio ucello cantare. Radunati gli uccelli su appsiti fili o tra i porticati i prorietari sorseggiano un caffè ed ascoltano orgogliosi la propria bestiola
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24 imagesTrani - Carcere Femminile. "Made in carcere è un progetto iniziato da Luciana Delle Donne, una top manager che ha lasciato il suo lavoro per dedicarsi totalmente ad aiutare le persone svantaggiate. Organizzando dei work shop le detenute dei carceri di Trani e Lecce hanno imparato a lavorare con materiali di scarto come tessuti, bottoni, vele, per produrre borse ed accessori. Creando un modello di sviluppo sostenibile e una reale riabilitazione per le detenute che vi partecipano. 'Made In Carcere' (Made In Prison) is a project initiated by Luciana Delle Donne, a top manager who left her job to dedicate her skills to support disadvantaged people. She was able to create a tailor workshop where prisoners cut bags out of recycled and waste material. But 'Made In Carcere' is a lot more than that. It is a sustainable development model and a real rehabilitation for the detainees involved. "The idea was to demonstrate that one could generate change by via work in certain sectors which are the environment and social sectors." says Luciana. "The environment because we collect all the scraps that are leftover inside textile warehouses and social because what we do, as our brand 'Made in Carcere' indicates, is employ a workforce inside prisons, in particular women. "Made in Carcere" is a project currently active in Lecce and Trani prisons.
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